Intervista a Marina
OinO - Sei nata nel quartiere o ti sei trasferita qui e perché?
Marina - Sono un’abitante del quartiere, per scelta, dal 1980. Abitavo in zona Venezia, ma quando ero un po’ più giovane venivo qua a fare teatro nel centro sociale Isola, negli anni ’70, dove c’era un asilo autogestito. Già allora il comune aveva fatto svuotare un meraviglioso chiostro con giardino che era perfettamente attrezzato per i bambini, per il teatro; era pieno di attività che servivano per l’intera città, ma la scelta era stata di demolire quello spazio e che attualmente è l’altro giardinetto. Hanno raso al suolo una proprietà comunale pur di mandare via la gente che ci faceva teatro e asilo nido autogestito dai cittadini, siamo alla fine degli anni ’70, e il risultato è stato un cumulo di macerie che poi è stato bonificato dal nostro circolo di quartiere di Lega Ambiente che ha costruito con grande fatica quel giardinetto, ripeto, al posto di un vecchio chiostro con giardino, tutto di proprietà comunale. Ieri sera ed oggi ho partecipato ad un incontro del Punto Rosso, che è una associazione culturale che in qualche modo partecipa ai Social Forum, e c’era un discorso molto interessante in cui cercavano di cavarsi d’impiccio su come fare adesso ad essere “sinistra” e addirittura s’interrogano sulla 5^ Internazionale e il Socialismo del XXI secolo.
OinO - Tu trovi che questo quartiere abbia un’identità particolare?
M - Io sono un po’ un’esploratrice di tutto quello che si muove in questo quartiere perché mi appassionano tutte le forme che stanno nascendo, sono qui per questo. Ho scelto di cercarmi qua la mia prima casa da sola dopo il matrimonio, avendo conosciuto questo tessuto che mi era sembrato straordinario quando venivo a fare teatro. Devo dire che sono stata ripagata di grande felicità perché questo è un paese, nel senso però più ricco del termine. Ci si conosce, si gira per strada e ci si saluta, con i negozianti, con i vicini, con le persone che fanno attività sociale, politica eccetera.
OinO - Quindi questa non è una periferia…
M - (ride) Non ci pensa neanche! Stanno tentando di farne un luogo di transito autostradale, una paninoteca, un luogo di locali alla moda alieni, come già sta succedendo in Corso Como dove purtroppo calano frotte di spaesati frustrati e ben vestiti, con tacchi importabili, in una insoddisfazione esistenziale palpabile. Se tu vai a passeggio in Corso Como la sera vedi queste ragazze tirate che ridono e scherzano in un ambiente senza un albero, lastricato che fa male camminarci, con delle fontane putride e se questa è un’ estetica…esistono forme d’arte anche del degrado, per carità, però perché stare lì, nel degrado, quando si può stare nel benessere. Certamente il lavoro teorico che si sta facendo a livello mondiale sull’altra globalizzazione è fondamentale. Se noi riuscissimo a godere delle forme di democrazia che già esistono, già sono praticate con successo come questa, in cui ci sono stati Lega Ambiente, Cantiere Isola, tutto il Movimento della Stecca, la fondazione dei Mille, che all’inizio è stata addirittura in conflitto con Cantiere Isola, poi ha portato ad una strutturazione di tutti i ricorsi che stiamo facendo, con anche un gruppo di professionisti, perché ci sono dentro architetti, urbanisti, avvocati, un piccolissimo gruppo di tecnici che si sta facendo un mazzo quadro a piacer loro, però portano risultati istituzionali. Dopodichè c’è il Movimento, dopodichè è nato un Circolo Arci che ha aperto una banca del tempo che è una forma rivoluzionaria di relazione tra le persone la cui difficoltà è chiedere aiuto, sapere che aiuto chiedere e accettare di averlo e ci si paga in ore. Ci sono proprio degli assegni in cui tu dici “grazie, ho ricevuto tante ore e quindi metto a disposizione del tempo”, a livello provinciale di Milano, ad esempio, ho ricevuto per una vecchietta aiuti da una della banca del tempo di Monza. E quindi ci sono tutte queste forme che secondo me sono meravigliose, vive e vegete e che sono politiche. Quindi questo è un quartiere altamente politico nel senso, se vogliamo, femminista del termine, cioè in cui il privato è politico, ma lo è davvero. Non a caso c’è una prevalenza di donne attive in queste situazioni, donne giovani nel Circolo Arci, che è abbastanza misto, donne e uomini, e tante donne invece più avanti con gli anni, come in questo gruppo che si sta creando con i genitori e gli artisti.
OinO - Secondo te quale può essere la situazione peggiore che può accadere qui all’Isola in una ristrutturazione che si prospetta, ad esempio, come la “Città della Moda”?
M - L’alienazione è quella che io temo di più, cioè quei luoghi dove sei infelice e ti siedi sul marciapiede davanti ad un fiume di macchine come fanno in Via Valtellina…tutta Milano è così, tanta Milano è così! Vedi tutti questi ragazzi che stanno fino alle quattro di notte fuori dai locali con il bicchiere in mano con le macchine che gli passano intorno. Per me quello è l’inferno, è la non aggregazione, ma il disperato urlo di voler stare con gli altri senza avere un luogo dove poterlo fare.
OinO - Dunque pensi che la Stecca con i giardini siano una parte irrinunciabile in questo progetto di civiltà di una città vivibile?
M - Sì, certo! E’ un peccato buttare via…lo vedo come uno spreco mostruoso, dal punto di vista sociale, artistico, culturale, umano, naturale. Hanno ammazzato una quantità di alberi che io stessa ero andata ad accudire. Nel Bosco di Gioia abbiamo tagliato i lucchetti e siamo andati dentro, con i guanti e le cesoie abbiamo cominciato a tagliare l’edera dagli alberi più vecchi. Era un giardino pubblico vincolato ad una donazione che lo destinava ad uso di bene pubblico; non si sa come, né perché, né a che prezzo è stato alienato dai nostri amati amministratori di nascosto da noi, che non siamo mai riusciti a sapere chi ha pagato cosa a chi e chi a ricevuto cosa da chi, perché sono veramente cose oscure…e così i cittadini perdono potere.
Fondamentalmente noi stiamo subendo un furto di cosa pubblica per interesse privato, che è la solita manfrina, no? Noi non ci guadagniamo niente dalla “Città della Moda”, ma ci perdiamo perchè ci stanno rubando la terra, il verde, l’aria. Il sole ce l’hanno già rubato perché adesso va giù tre ore prima d’inverno, alle tre si gela, mentre prima noi stavamo al sole, nei nostri giardinetti, sui ruderi di un chiostro comunale! Quindi noi continuiamo ad erogare valore, lavorando e dando valore alle cose e la pubblica amministrazione non pensa di meglio che distruggere il valore collettivo costruito nei decenni dai cittadini, gratuitamente, come collettività, per alienarlo a privati a prezzi ignoti, che a noi non tornano indietro. Ma vogliamo scherzare?! E’ una truffa, è un furto, è imperialismo, chiamalo come vuoi.
OinO - Secondo la tua esperienza passata di partecipazione sociale e di lotta, quanto pensi il quartiere sia disposto a lottare per impedire che questo accada?
M - Questo è un discorso molto più difficile. Io stessa ne ho piene le palle, nel senso che è dura! Vuol dire spendere ore e ore e ore della tua vita per far rispettare i tuoi diritti, le tua proprietà, dato che sono pubbliche. Vuol dire leggere e girare e-mail, occuparsi, fare riunioni, discutere, informarsi, che non avete idea di cosa voglia dire, bisogna chiedere ad Augusta cosa vuol dire informarsi, vuol dire intelligenza sprecata, fantasia…è stritolante lottare per i propri diritti, è un’attività che soffoca il tuo tempo libero, il tuo tempo di lavoro, perché si rinuncia anche molto a fare delle cose in più per il proprio successo anche professionale. Io sono un ex sessantottina assolutamente non pentita e devo dire che dalla prima occupazione della Statale, in cui ero stata coinvolta perché ero già all’università, ne ho dedicato tanto di tempo alle lotte e uno vuole anche politicamente una vita piena per sé. Fa anche parte di una cosa di cui discutevamo…cioè continuare a lottare è anche una rinuncia a una parte della vita, certo fa parte della vita, vita piena, che arricchisce, è un’esperienza bellissima, però anche stare a pancia all’aria a prendere il sole in campagna, con gli amici, con i figli. Lottare è bello ma è un sacrificio, ci vogliono due palle così?!
OinO - Delle proposte che sono state fatte non c’è qualcosa che si può accettare, qualcosa che, dopo tanto lottare, è venuto verso di voi e ha tenuto conto delle vostre richieste?
M - Certamente abbiamo influito anche sulle proposte, ma diciamo che è ancora molto forte la fatica dell’informazione e della disinformazione, perché un sacco di gente dice “siamo stufi di questo degrado, fate un centro commerciale, purché facciate qualcosa!”.
OinO - Quindi esiste anche una situazione di degrado?
M - Cavolo! Il degrado è lo strumento per il furto. Il degrado è come fare la guerra, lasciare un Paese in uno stato di guerra e dopo la dominazione assoluta, la legge marziale su tutto, guarda ad esempio Cipro, il degrado viene mantenuto per far sì che il quartiere si ribelli e voglia ordine.
OinO - Vuoi dire che c’è altro dietro al fatto evidente che la Stecca è diventato territorio indisturbato per spaccio, sporcizia, disturbo?
M - La Stecca è stata lasciata a territorio incontrollato perché non siamo riusciti a governarla, abbiamo fatto tanta fatica là dentro, specialmente, credo, i giovani che ci vivono dentro, Controprogetto, gli artisti di Isola dell’Arte. Insomma sulla Stecca c’è stato tanto lavoro e siamo cresciuti in tanti, ma non possiamo noi della Stecca far fronte ai mali del ventunesimo secolo.
OinO - In quel luogo tutto ciò che accade è stato permesso?
M - La Forza Pubblica non viene certo a mandare via gli spacciatori, mandano via piuttosto i giovani artisti o i ragazzi che fanno Jazz all’una di notte. Il potere spesso purtroppo si comporta così. L’ambiente degradato è per il furto, per dire “toglietemelo perché è marcio”. Chi l’ha fatto marcire? Era bello, perché è marcito? Era mio, ora è marcio, adesso me lo togli perché è marcio? In realtà è dal 1963 che il quartiere Isola ha bloccato la speculazione edilizia, allora si chiamava “Centro Direzionale” ed è stata la prima alleanza storica, credo, tra gli studenti di architettura e i docenti e il quartiere per ragioni politiche e speculative, quando ancora si facevano le lotte sulla città. La città è stata un tema politico molto importante nella seconda metà degli anni ’60 e nei primi anni ’70. C’è stata la Legge 167 poi, mi pare sia ancora prima del ’68, perché Architettura si era già mossa in anticipo.
OinO - Che cosa si voleva costruire qui?
M - Il “Centro Direzionale”. Questa è una zona su cui la speculazione ha messo gli occhi da più di quarant’anni. Il Ponte di Eugenio Bussa, questo ponte qua, perché finisce nel nulla? perché Bussa, l’ho saputo da Patrizia, aveva degli agganci in Vaticano e ha detto “se mi volete vedere morto fate proseguire quel ponte, ma io non lo permetterò perché la mia parrocchia ne sarebbe danneggiata, il mio quartiere, i miei parrocchiani…” e l’ha fermato, con il suo ammanicamento. C’è un libro storico sull’Isola curato dalla parrocchia che è straordinario.
OinO - E i nuovi abitanti sanno tutto questo?
M - Beh, certi sì perché sono aperti e vengono qui per questo. C’è una selezione, io sono una di quelli, da 26 anni sono qua perché l’ho voluto. E ci voglio restare, sto anche investendo dei soldi nella mia casina qua all’Isola, mia figlia non si vuol muovere, neanche a parlarne, è un amore.