Stato di emergenza
Mantenere uno stato di veglia, di allerta, di tensione è la lezione che si impara all’Isola Garibaldi dall’azione convinta di chi si oppone ad una imposizione coatta in difesa dei propri diritti di scelta.
Vi sono persone che accettano tutto con indifferenza, altre con rassegnazione e infine persone che si rifiutano. Ciò a cui si fa riferimento è l’impossibilità di capire i sempre più rapidi cambiamenti in nome di esigenze e logiche che ormai sfuggono alla comprensione più seria, e quei gruppi di persone che rifiutano, rifiutano di non capire; chiedono tempo, un tempo necessario a costruirsi interrogazioni che sfidano l’immobilità impotente in cui ci si viene a trovare.
L’unico modo per cercare di capire è fare, la ragione da sola non crea possibilità, l’unico modo è di attivare la totalità delle facoltà umane per dotarsi di una propria velocità da contrapporre ad un moto innaturalmente accellerato.
“Fare” è quanto è successo qui all’Isola, è dare retta all’intuizione e far leva sulle capacità immaginative e creative di ognuno che hanno reso visibile uno stato di emergenza.
“Fare” ha risvegliato uno stato di consapevolezza individuale e collettiva che ha permesso di formulare risposte qualitative alle logore logiche progressiste, fallimentari rispetto ad una migliore qualità comune del vivere.
In questo ambito, la difesa dello spazio pubblico, costi quello che costi, diventa l’affermazione della dignità delle persone, che per una volta vogliono decidere da sé le modalità di scelta che riguardano la loro vita, perché la qualità del vivere non è mai data a priori, è una conquista, un arrivo.
In questa difesa serrata della propria libertà e volontà d’espressione - e che inevitabilmente pone in risalto il volto grottesco e mellifluo della speculazione edilizia - si situa anche una dimensione parallela, un solo momento irripetibile che rimane in sospensione, autonomo rispetto a quel che sarà, poiché vive di aspettative proprie.
È forse l’unica vera dimensione in cui la vita appare come potrebbe e non come è costretta ad essere; è lo spazio del desiderio, “di come sarebbe bello vivere se”, sapendo che ai più accade di passare la vita, o gran parte di essa, nello stesso posto.
Il sogno che in questo momento, e solo in questo momento, è accarezzabile, è una lieta realtà e comunque una forza che sostiene, visibilmente reale nella rete di relazioni affettive e di scambio, le vere beneficiarie del cambiamento desiderato.
Ci è sembrato importante quindi raccogliere i desiderata delle persone che hanno partecipato alla festa in difesa dello spazio pubblico per questo numero del bollettino di “Osservatorio in Opera”, laboratorio permanente nato all’interno del progetto di Isola dell’arte alla Stecca degli Artigiani.